Addio a Raul Reyes, il diplomatico che lottava con le armi e con l’ironia

Il compagno, il comandante, Raul Reyes è morto. Il governo colombiano del mafioso Uribe ha così consumato la propria rappresaglia per la recente liberazione unilaterale da parte delle FARC di quattro prigionieri di guerra. Ed ha così confermato di essere un grave fattore di instabilità in America Latina, per conto del governo statunitense, come dimostra l’attuale crisi diplomatica fra Colombia Ecuador e Venezuela. Ma non sta a me sviluppare altre considerazioni politiche.

In questo momento, per me, di profonda tristezza e di rabbia, nel quale affiorano, nella memoria, tante cose politiche e personali, voglio solo ricordare Raul raccontando alcuni episodi. Dico Raul e non altri nomi, perchè non ci sono prove che la compagna Olga Marin sia davvero caduta con il gruppo che Raul comandava. Spero sia viva e di poterla incontrare ancora, un giorno, per parlare con lei di politica e di vita, per ore e ore, come abbiamo fatto tantissime volte in diversi paesi dell’America Latina, in Europa e in Italia. Come abbiamo fatto nei congressi e alle feste di Rifondazione ai quali, quando ha potuto, non è mai mancata.

Con Raul noi di Rifondazione, Marco Consolo ed io in particolare, abbiamo avuto un rapporto molto intenso. A parte le lunghe discussioni sulla globalizzazione e sulla sinistra in America Latina e nel mondo, il motivo della nostra stretta collaborazione è sempre stato l’obiettivo di un vero processo di pace in Colombia.

Nel 97 Raul e Olga vennero in Italia, ospiti di Rifondazione, e noi facemmo in modo che venissero ricevuti alla Farnesina. Era utile che il governo italiano conoscesse le intenzioni delle FARC circa un eventuale processo di pace. Venne deciso che FARC e governo italiano avrebbero intrattenuto una relazione stabile presso l’ambasciata italiana in un paese terzo. Questo contatto fu determinante per la liberazione, su richiesta del governo e nostra, di un prigioniero di guerra nelle mani delle FARC, e soprattutto per l’invito ufficiale, del governo italiano e di una delegazione di Rifondazione, alla cerimonia di inaugurazione del processo di pace, nell’estate del 98.

In quei giorni del 97 passammo molte ore insieme, sia nelle sede di via del Policlinico sia in giro per Roma. Marco Consolo ed io conoscevamo molto bene Olga, per averla frequentata nelle riunioni del Foro di Sao Paolo e nei congressi di altri partiti, ma non così bene Raul. Sapevamo che era uno dei massimi comandanti delle FARC, che si occupava delle relazioni internazionali. Scoprimmo una persona dotata di una grande modestia e soprattutto la sua curiosità per le nostre analisi e proposte politiche. Nessun racconto di epiche azioni militari. La guerra veniva descritta con distacco, come una dura necessità. Una sera, alla Rive Gauche a San Lorenzo, bevemmo insieme un aperitivo, un Negroni, che Raul non conosceva. Quella volta, forse complice l’alcool, ci divertimmo parecchio. Ricordo che rideva molto sentendomi parlare del mio tifo per l’Inter e dell’esistenza di un Inter Club denominato “interisti leninisti”. Ci confermò la veridicità dell’episodio leggendario dei guerriglieri e dell’esercito impegnati in combattimento, che mentre si sparavano, esultavano insieme per i gol della nazionale colombiana. Due anni dopo gli portai una t-shirt degli interisti-leninisti. Fu quando, in un campo delle FARC nella selva colombiana, Raul volle fortemente che Marco Consolo ed io incontrassimo Marulanda e diversi altri comandanti dello Stato Maggiore. Dopo la prima conversazione politica Raul ci disse: “ricordo la vostra ospitalità a Roma e le cose buone che mi avete fatto bere, non posso ricambiarla come si deve qui nella selva, ma ho una bottiglia di whisky Buchanan 18 anni nella mia tenda. La tenevo per un’occasione speciale. Andiamo a berla.” La scolammo tutta chiacchierando nella tenda di Raul fino alle due di notte, e la sveglia nel campo era alle cinque, prima dell’alba.

Nel 98, poco prima dell’inaugurazione ufficiale del processo di pace, durante una delle primissime uscite pubbliche di Raul come portavoce delle FARC, un giornalista italiano, credo inviato del Corriere della Sera, notò che, sulla mimetica, Raul aveva una spilla con il simbolo di Rifondazione, e lo scrisse nel suo pezzo. Effettivamente ci voleva molto bene e volle condividere con noi molto del processo di pace, del quale ci teneva informati e per il quale chiese diverse consulenze ed aiuti. Diversi altri compagni di Rifondazione viaggiarono in Colombia durante i negoziati e lo conobbero.

Quando il tavolo del negoziato di pace fra le FARC e il governo colombiano di Andres Pastrana fecero un giro in Europa mi chiamò al cellulare da Stoccolma. Mi disse che non era giunto nessun invito dall’Italia e che sia lui sia il capo negoziatore del governo chiedevano un nostro intervento affinché l’Italia non rimanesse esclusa. Pochi giorni dopo sbarcarono a Roma e furono ufficialmente ricevuti dalla Commissione Esteri della camera dei Deputati e da altre istituzioni, compresa la Segreteria di Stato del Vaticano. Durante la loro permanenza in Italia invitai a cena i sei comandanti negoziatori, Raul Reyes, Joaquin Gomez, Fabian Ramirez, Ivan Rios, Simon Trinidad, Felipe Rincon e Olga Marin che li accompagnava come esponente della Commissione Internazionale delle FARC. Marco ed io andammo a prenderli ma Raul ci disse che, per la prima volta dall’inizio del negoziato, la parte governativa li aveva invitati a cena e che non potevano rifiutare. Ci disse, però, che sia lui sia il capo delegazione del governo, che ben ci conosceva, invitavano anche noi due. Così, in un ristorante di trastevere Consolo ed io assistemmo ad una delle cene più stravaganti e curiose della nostra vita. Il clima era molto più che conviviale. Sei fra i più “pericolosi” guerriglieri e sei rappresentanti dell’oligarchia colombiana, compreso il presidente della Confindustria, più due ambasciatori colombiani, presso il Vaticano e presso la Repubblica Italiana, cantavano, raccontavano barzellette, litigavano di calcio, si prendevano in giro. Ad un certo punto nel ristorante entrarono due posteggiatori con la chitarra. Raul mi chiese di affittare le chitarre e mi sussurrò all’orecchio: “adesso vedrai il perchè ti chiedo questo.” Pagai i due suonatori e le chitarre le usarono il comandante Ivan Rios e il Presidente della Confindustria, Luis Carlos Villegas, per sfidarsi in un esilarante “negoziato”, improvvisato su ritornelli in rima baciata, che durò forse più di mezzora. Con Raul eravamo d’accordo che dopo la cena noi compagni avremmo continuato la serata per conto nostro bevendo qualcosa. Ma quando i governativi salivano sul pulmino per tornare in albergo, Raul mi chiese di portare con noi Victor G. Ricardo, il capo negoziatore del governo. Mi disse sottovoce che, sebbene fosse la sua controparte, si stava comportando correttamente. Che per questo rischiava la vita. E mi chiese di fare un brindisi e di ringraziarlo per il suo coraggio dicendo le parole che lui, come portavoce delle FARC, non poteva pronunciare. Lo feci volentieri pensando che forse il negoziato avrebbe davvero dato i suoi frutti. Invece Victor G. Ricardo venne poi rimosso dall’incarico e sostituito da un signore che preparerà la rottura definitiva delle trattative di pace.

Da quell’indimenticabile cena ho rivisto Raul altre volte, a Madrid e in Colombia, fino alla rottura unilaterale del negoziato da parte del governo.

Poi Marco ed io abbiamo continuato a comunicare con lui in altro modo. Soprattutto per creare le condizioni, con prese di posizione di istituzioni in Italia ed in Europa, per il rilascio di alcuni ostaggi e per la ripresa del processo di pace. Tentativi falliti, per le puntuali contromosse del governo Uribe.

L’ultimo suo messaggio, di semplici saluti, risale a poche settimane fa.

Potrei parlare molto più a lungo dell’amicizia politica ed umana che mi ha legato a Raul. Ma non so farlo. Non voglio diventare retorico e, in fin dei conti, Raul era un combattente e ho sempre saputo che potava morire così da un momento all’altro.

Dico solo che Raul era un compagno, come noi.

Non ho mai sopportato il vizio eurocentrico e provinciale di storcere il naso per le durezze della guerra in Colombia, per la sua indiscutibile disumanità.

Raul prese la via della guerriglia, come tanti altri compagni, in un periodo nel quale, in pochi anni, 4500 comunisti, senatori, deputati, dirigenti e militanti del partito, sindaci, consiglieri comunali, sindacalisti, intellettuali vennero massacrati o fatti sparire dallo Stato colombiano. Altri scelsero la via dell’esilio ed altri ancora la legalità continuando a morire come mosche.

Dopo l’11 settembre le FARC sono state messe sulla lista delle organizzazioni terroriste dell’Unione Europea. Sull’attentato alle torri gemelle Raul aveva scritto: “Ciò che deve essere chiaro per tutti è che i fatti avvenuti negli Stati Uniti contro il loro Stato e il loro Governo non hanno nulla a che vedere con le lotte politiche, economiche e sociali che i popoli portano avanti per conseguire la loro emancipazione duratura e definitiva; questo è il caso dei movimenti contro la globalizzazione, la fame, la politica neoliberista, la xenofobia, e per l’uguaglianza di genere, il miglioramento della situazione di esclusione dei migranti nel mondo e negli stessi Stati Uniti.
In Colombia il movimento guerrigliero è popolo in armi, di donne e uomini con l’impegno di lottare per la conquista e la difesa dei diritti e delle libertà, fino al conseguimento di condizioni dignitose di vita e di lavoro per il popolo. Non ci sarà pace senza riforma agraria, libertà politiche e sociali, fino a quando il terrorismo di Stato continuerà ad assassinare il popolo per il fatto di reclamare i propri diritti. L’obiettivo finale è la pace senza fame, con educazione e salute gratuite ed efficienti.”

Non sono le parole di un terrorista o di un narcotrafficante. Il governo che l’ha ucciso è entrambe queste cose.

La lotta di Raul è una lotta che continua.

Hasta Siempre Raul.

 

ramon mantovani

 

pubblicato su Liberazione il 6 marzo 2008

 

 

29 Risposte to “Addio a Raul Reyes, il diplomatico che lottava con le armi e con l’ironia”

  1. Tommaso Says:

    Sono realmente commosso,
    Spero che l’esperienza dell’unitarietà della sinistra non ci faccia perdere di vista un’identità che è, prima di tutto, il nodo che lega Rifondazione Comunista alle tante esperienze di lotta contro le ingiustizie del neoliberismo e del neocolonialismo nel mondo.
    Grazie Ramon per aver pronunciato qualche parola di verità sui compagni delle FARC.

  2. Claudio Ortale Says:

    Grazie Ramon.

    Che la terra sia per te leggera Compagno Raul.

    Claudio

  3. grazie per l’articolo.
    mi è sembrato di conoscere da sempre l’Uomo di cui parli.

  4. fausto sorini Says:

    Caro Ramon, grazie anche da parte mia per lo splendido ricordo di Raul Reyes, dell’uomo, del comunista e del combattente. Raramente nel corso della vita mi è capitato di leggere una commemorazione così bella, sentita e anti-retorica. E, dati i tempi e il clima che ci circonda, anche coraggiosa.
    Onore al compagno Raul Reyes, onore all’uomo, al comunista e al combattente.
    fausto sorini

  5. Ciao Ramon,
    grazie per l’articolo.. e per non aver lasciato alla Nocioni lo scettro del giudizio sul Comandante Raul e sulle FARC.

    Hasta Siempre Raul!
    Alessandro Esposito (BG)

  6. […] Marzo 6, 2008 a 4:07 pm · Archiviato in Uncategorized da ramonmantovani.wordpress.com […]

  7. Elvis Says:

    Ciao Raúl,
    sono Elvis da Città del Messico, ci siamo conosciuti ad un incontro da Felice.
    Mi associo ai compagni che hanno scritto e ti ringrazio per queste righe, che mi sono cadute addosso come pietre, soprattutto in un momento in cui sembra così difficile prendere posizioni nette lontane dai calcoli politici e soprattutto riaffermare la nostra umanità.
    Grazie per avermi ricordato alcune cose.
    Elvis

  8. Se a Cuba succedesse un millesimo di quel che succede in Colombia ad opera del governo, la stampa “libera” italiana ci inonderebbe con fiumi di roboante indignazione….

    Grazie Ramon per il toccante e illuminante ricordo.

    Grazie Raul per aver sacrificato la tua vita contro il fascismo, che ci vorrebbero far credere estinto…

  9. Ciao Ramon,
    grazie per l’articolo..e per non aver lasciato alla Nocioni lo scettro del giudizio sul Comandante Raul e sulle FARC!

    Hasta Siempre Raul!

    Alessandro Esposito (BG)

  10. Veramente bello l’articolo che hai scritto su Raul Reyes. Non conoscevo l’uomo, ma la situazione colombiana sì e tornare a parlare di uomini, del loro valore, è come in qualche modo riaffermare di credere fermamente negli esseri umani. Raul Reyes era un essere umano, come tutti noi, ma che in più ha sacrificato la propria vita per la libertà degli altri. Penso che non avrebbe voluto morire in altro modo, in una Colombia sempre più fatta da uomini “schiavi”. Mi ritorna in mente la frase di Fidel Castro: “Il rivoluzionario crede nell’uomo, negli esseri umani. Chi non crede nell’essere umano non è rivoluzionario”.
    Per questo aggiungo il tuo blog anche come link nel mio sito. Grazie.

  11. yarlaim Says:

    Caro Raul, se su Liberazione comparissero più articoli di questo spessore, quando si scrive di America Latina, mi sentirei rappresentata appieno. E forse scomparirebbe tanta amarezza accumulata in quasi due anni di governo di centrosinistra. E di errori fatali dello sinistra radicale.
    Chissà che non decida di votare ancora.
    Un abbraccio
    Antonella

  12. giskus Says:

    Ciao Ramon,
    ma veramente hai conosciuto Raul Reyes? Chissà perché nell’elenco delle “organizzazioni terroristiche” stilate dagli USA e dai suoi “stati servi” ci sono al 99% gruppi classificati come “left wing” 🙂

    nessuna menzione ai gruppi fascisti finanziati nel mondo dagli USA, ai regimi (para)militari ecc. Un po’ strano… certo è che l’URSS fu una dittatura comunista, che non differisce dalle dittature di destra o altro tipo. Tuttavia la sinistra non esiste in Italia (se mai è esistita…). quelli di oggi altro non sono che subordinati e ben pagati dalle logiche del profitto (piace la “poltrona” è basta)…
    un esempio è il caso di quella signora morta a Roma (moglie di un militare…) per mano di un rumeno disperato, come tutti i rumeni che vivono nelle baracche. Subito hanno votato un decreto legge razzista; mentre per i 1.341 morti sul lavoro nessun “sdegno” dai centri di potere… anzi, si chiede il parere di Montezemolo… se questa è “sinistra”…

    la globalizzazione, il capitalismo, il consumismo sfrenato hanno fallito… la logica del profitto genera morti fra gli operai. Persino Tremonti parla male della globalizzazione, proprio lui che siedeva nel governo di destra che ha attuato la repressione del G8 2001

  13. MICHELE DE PALMA Says:

    caro ramon,
    dopo la “sassata” che mi hai mandato, ti scrivo per raccontarti che ero da poco diventato resp. esteri dei Giovani Comunisti quando sono andato in Colombia nella zona smilitarizzata a incontrare le Farc.
    Lì ad accogliermi c’era Raul che chiese subito di te, di come stavi e tanti altri racconti di tuoi incontri precedenti. Il tuo articolo mi ha ricordato tante cose…
    grazie ramon

  14. celeste Says:

    Durante una riunione di federazione di Cagliari ho citato il tuo spledido articolo che potrebbe essere riferimnto per tutti noi oggi che siamo in difficoltaà. A me, per l’asciutezza, la nitidezza, la naturalezza ha ricordato Tom Benetollo, il lampadiere.
    Dicono bene i compagni che hai scritto parole come sassate. Una commemorazione viva, vera, sentita e antiretorica. Grazie.
    Celeste

  15. Bell’articolo, ovviamente molto toccante sotto il profilo umano.
    Ah, grazie per la risposta sotto su latouche 😉

  16. […] per interesse: Ramon Mantovani – Addio a Raul Reyes, il diplomatico che lottava con le armi e con l’ironia […]

  17. Grazie compagno, hai scritto una pagina di storia sublime.
    Sono molto commosso nell’apprendere fatti, circostanze e aneddoti vissuti con gli insorgenti che lottano per una Colombia diversa, giusta, latinoamericana, senza essere una base operativa e logistica degli States.
    saluti fraterni da montevideo

  18. Bellissimo articolo, grazie

  19. giovanni Says:

    Caro Ramon,
    ci sono vite che anche se narrate al passato hanno un profumo di futuro.
    Chissà se è per mitigare l’insopportabile dolore dell’ingiustizia ingiusta.
    Da quando seguo il tuo blog questa è la pagina che più mi ha rapito e
    rattristato,ma è anche la pagina in cui ritrovo antiche indimenticate atmosfere. Grazie per aver celebrato una speranza e reso omaggio a una
    persona come si deve. Un grande abbraccio. Viva la vita

  20. Leggo sul sito di annalisa Melandri.it una bella presa di posizione in difesa del tuo articolo ed una dura tirata d’orecchie a Gian Antonio Stella che sul Corriere si appiglia agli specchi per difendere una sola persona delle 700 in mano alle Farc.
    Il suo giudizio eì viziato dalla cronica eterna carenza di conoscenza di politica estera che grava sull’Italia post fascista. Dalla Dc abbiamo ereditato solo
    cieca obbedienza agli Usa. Il risultato eccolo. Mi vergogno come italiano di appartenere ad una categoria che dagli anni sessanta ha contribuito a demolire la professione giornalistica. Siamo cronisti di quarta classe con un tesserino inutile in tasca. Contro gente che in varie parti del mondo scrive sui potenti e lotta – citando Cortazar – usando la macchina per scrivere come un mitragliatore. Cambiano gli uomini ma i problemi restano. Anche le idee restano e molto piu’ chiare di prima. Un mondo dissuluto pieno di poveri un giorno si riscattera’ perche’ siamo la maggioranza

  21. Ciao Ramon, ti ringrazio per il tuo articolo noto con piacere che su Liberazione ancora si riesce a scrivere di Colombia in modo decente, mentre su Venezuela e Cuba ormai il dado è tratto.
    Che iniziative si possono portare avanti per un’appello o una campagna in favore delle FARC come gruppo belligerante? Magari ti scrivo.

  22. bellissimo articolo. Quando andiamo in Colombia?

  23. Grazie a te per quello che scrivi e per quello che fai per la nostra strambissima comunità politica.

    Spero di rivederti presto in quel di Pescara.

  24. vi invito a guardare il reportage sulla colombia fatto dalle iene…. una degna risposta all’articolo di stella sul Corriere della Sera
    http://www.wikio.it/tempo_libero/tv/programmi_tv/le_iene?wfid=49387529

  25. grazie a tutti/e, sono stato all’estero e non ho potuto seguire il blog. ma la lettura dei commenti mi ha fatto molto piacere. anche per la memoria di Raul.
    un abbraccio
    ramon

  26. Tazman Says:

    Chi sei Ramon Mantovani???Che sai tu della Colombia???
    Per caso hai mai vissuto da quelle parti???Stai parlando con un italiano che ha scelto di vivere In Colombia perché stanco dell’ Italian Style of life.
    In nome delle tante stragi e massacri di poveri colombiani innocenti perpetrate dalla Far (in Colombia “el pueblo” gli ha tolto la c per disgusto)
    mi vergogno di essere italiano per colpa Vostra intellettualoidi ignoranti e presuntuosi.E adesso vediamo se mi pubblicherai,visto che,conoscendo benissimo la Colombia come l’Italia,posso scriverti la veritá sul criminale prima che terrorista sanguinario chiamato Raul Reyes,che,per estrema vergogna nostra,é stato persino ricevuto dai nostri pseudo governi Prodi.
    Questa lettera per profondo rispetto alla verita´e al popolo colombiano.
    Tazman

  27. come vedi, tazman, sei libero di dire la tua. anche se insulti e pensi di parlare in nome della verità.
    auguri

  28. Alessio Says:

    Buongiorno Ramon,
    non riesco a capire se ci credi veramente a quello ke hai scritto nell’articolo o se sei solamante un INGENUO!!!
    Come si fa a credere alle bugie che ti hanno raccontato?
    Per esperienza diretta, tutti i Colombiani sono stufi della farc e di tutti quelli che pensano che rappresenti la lotta del popolo Colombiano.
    Quello che ti hanno raccontato e fatto vedere sono delle enormi bugie, è come credere a quello che ti racconta il presidente del consiglio, sono le stesse puttanate per farsi i propri porci comodi.
    Alessio

  29. leibenoc Says:

    Buongiorno signor Ramon Mantovani, ho appena sentito l’intervista che lei ha concesso al tg5, mi permetto di suggerirle la lettura del libro “la fattoria degli animali” di Eric Blair alias George Orwell, che illustra assai bene cosa avviene quando i salvatori degli oppressi e della libertà a cui appartiene (anzi, apparteneva) il suo amico vanno al potere, se le servono riscontri più consistenti in merito può consultare la storia (quella vera, magari) dell’unione sovietica dalla sua nascita fino alla caduta del muro; mi sorprende molto che, nel 2008, ci sia qualcuno che ancora inneggia alla lotta armata per il comunismo e, come il suo partito, la finanzia addirittura: si è mai fermato a riflettere in merito alle persone che sono state uccise con armi acquistate grazie ai finanziamenti alle FARC cui il suo partito ha contribuito? lei possiede ancora (o ha mai posseduto) una coscienza?
    buona giornata.

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