La dichiarazione di voto di Rifondazione comunista | |
Votiamo ad occhi aperti, riconoscendo e vedendo le contraddizioni che esistono |
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Ramon Mantovani pubblicato su Liberazione il 09/03/2007 |
Archivio per missioni militari
sulla proroga delle missioni militari
Posted in articoli pubblicati sulla carta stampata ed altri siti with tags afghanistan, mantovani, missioni militari, pace, parlamento, politica, rifondazione, sinistra on 9 marzo, 2007 by ramon mantovaniIntervista sulla mozione parlamentare dell’Unione sulle missioni militari.
Posted in articoli pubblicati sulla carta stampata ed altri siti with tags comunismo, d'alema, governo, mantovani, missioni militari, parlamento, prc, ramon mantovani, rifondazione comunista, sinistra, unione on 15 luglio, 2006 by ramon mantovaniIntervista al deputato di Rifondazione che ha condotto le trattative con l’Unione.
Ramon Mantovani: «Una mozione
che cambia la politica internazionale».
di Stefano Bocconetti
Il Transatlantico della Camera
sembra piazza del Popolo
a ferragosto. Una manciata di
giornalisti, cinque deputati.
Fra questi, Ramon Mantovani.
Ha condotto per Rifondazione
la trattativa sulla mozione che
accompagnerà il disegno di
legge sulle missioni militari.
Quattro, cinque pagine. Che
gira e si rigira fra le mani, che cita
continuamente. Sembra
soddisfatto, insomma.
Prima di sapere come è andata,
una premessa. Ma serve
davvero una mozione? Non è
un po’ come quei bei documenti
delle commissioni bicamerali
di demitiana memoria?
Quando una maggioranza
non riusciva a mettersi
d’accordo e rinviava tutto a
qualche pamphlet, pieno di
buone intenzioni. Non è così?
No, non credo proprio che
sia così.
Perché?
Perché una mozione è uno degli atti fondamentali di indirizzo
dell’attività di governo.
Chiunque però potrebbe
citare decine di mozioni poi
disattese dai governi.
E anche questo non è esattissimo.
Perché una mozione si
divide in due parti. C’è una premessa,
una sorta di analisi, dove
ci sono valutazioni politiche.
E c’è poi il dispositivo. Che
è vincolante per l’attività di un
esecutivo. E’ vero che spesso
altre mozioni sono state disattese.
Ma nel testo c’era l’escamotage:
c’era scritto che il governo
si “impegnava a valutare
l’opportunità” di fare una certa
cosa. Stavolta non è così. Ci sono
impegni. Che vanno mantenuti.
E siamo alla mozione.
Com’è?
In due parole: su tutta la vicenda,
è evidente che si sia arrivati
ad un compromesso. Sicuramente
c’è un compromesso,
però la mozione è molto
più chiara di quanto non lo
possa essere il disegno di legge
sulle missioni militari.
In che senso?
Perché il disegno di legge dice
solo quanti soldi servono per
far tornare i militari dall’Iraq e
quanti ne servono per quelli in
Afghanistan. Non c’è altro.
In quelle pagine che stringi
in mano invece che c’è di più?
C’è molto, c’è tanto di più.
La prima cosa, la più importante?
Ce ne sono tante di importanti.
Però se vuoi credo che
molto rilevante sia l’affermazione
che il governo si impegna
a proporre nelle sedi internazionali
una riflessione sui risultati
della missione in Afghanistan.
Di più: si impegna a
proporre una discussione sulla
possibilità di “superare” – questo
è proprio il verbo scelto: superare
– l’Enduring Freedom.
E non è poco, ti assicuro che
non è poco.
Quindi,un testo che ti piace?
Ti ripeto: il disegno di legge
sul ritiro dall’Iraq e sulla missione
in Afghanistan è sicuramente
un compromesso.
Sufficiente ma che non ci
soddisfa appieno. La mozione
invece ha parti davvero
molto avanzate. E, attenzione,
la mozione riguarda l’intera
politica internazionale
del nostro paese sulle missioni
militari.
Cambia come?
Ti faccio un esempio, così
ci intendiamo meglio.
Sai che dal gennaio 2007, l’Italia
farà parte del consiglio di sicurezza
dell’Onu. Bene, grazie a
questa mozione, il governo italiano
chiederà che l’organizzazione
delle Nazioni Unite si doti
di una propria forza militare,
sotto il comando del segreteriato
generale. Ed è una richiesta
assolutamente dirompente.
L’Onu aveva previsto fin dal
suo atto costitutivo la possibilità
di dotarsi di propri uomini
e mezzi da usare come forza di
polizia internazionale. C’era
nella sua costituzione ma non
si è mai realizzata. Utilizzando
una norma transitoria, l’Onu
di volta in volta, quando è impegnata
in missioni di pace,
deve chiedere ai vari paesi di
fornire le truppe. Una
situazione che va benissimo
all’America, alla Nato. Perché
appunto sono i potenti del
mondo a decidere dove impegnarsi.
Per questo, ti ripeto, è
una novità straordinaria. Avversata
nel mondo dagli Stati
Uniti, ma avversata con forza
anche in Italia.
Avversata dalla destra?
No, non solo. E non penso di
svelare chissà quale segreto se
ti racconto che proprio su questo
punto della mozione, da
parte del nostro governo – diciamo
dalle forze che sono prevalenti
nella maggioranza – c’è
stata molta ostilità. E’ stata una
trattativa dura, ma nel testo c’è
questo passaggio, ed è importante
che ci sia.
“Caschi blu”, allora. E’ questa
la nuova politica internazionale?
Non solo. Un paragrafo dopo è
disegnata quella che dovrà essere
la filosofia del governo dell’Unione.
Dove si dice che il nostro
esecutivo darà la priorità alla
prevenzione, si impegna ad accompagnare
i processi di pace,
si farà protagonista, insomma,
sulla scena internazionale perché
non si ricorra mai più alle
armi.
In questo caso, però, si può
dire che si tratta di parole?
Parole? A me pare che dall’inizio
degli anni ’90, tutti i paesi occidentali
abbiano fatto ricorso
alle missioni militari come unico
strumento di intervento nella
politica internazionale. L’hanno
fatto tutti, Italia compresa. Mi
pare che si possa tranquillamente
parlare di ribaltamento
della vecchia logica.
Per capire, non ci potrà essere
un altro Kosovo?
Questa mozione lo esclude.
Anche se – bisogna dire pure
questo – un altro Kosovo, un’altra
guerra assolutamente illegittima,
fatta al di fuori da qualsiasi
copertura delle Nazioni Unite,
viene esclusa anche dal programma
dell’Unione. Quello
sottoscritto da tutti i partiti della
coalizione.
Insomma, si ritorna all’articolo
11 della costituzione. Non
è così?
Sì, il rispetto dell’articolo 11
pervade tutta la mozione.
E sulla vicenda di codici di
guerra?
Ho visto che sui giornali s’è
fatta un po’ di confusione. Come
sai il governo Berlusconi ha
imposto, per i soldati italiani in
Iraq e in Afghanistan, l’obbligo
di sottostare al codice militare
di guerra. Che per esempio, impone
molti vincoli ai giornalisti.
Qualcuno dovrà spiegare
prima o poi come sia possibile
che spedizioni spacciate per
missioni di pace debbano sottostare
a leggi di guerra, ma ormai
è una domanda che riguarda
il passato. Naturalmente,
esattamente come avevamo
chiesto nella passata legislatura,
si ripristinerà subito il codice
di pace. I capigruppo della
maggioranza nelle commissioni
Esteri e Difesa, tutti i capigruppo,
firmeranno un emendamento
che sarà accolto dal
governo, ed entrerà nel disegno
di legge.
Prima parlavi di difficoltà incontrate
a scrivere questo documento.
Vedi, più che difficoltà resistenze
sui singoli punti, che non
credo interessino più di tanto….
Forse però vanno raccontate.
Se ti interessa posso dirti che
la mozione dice esplicitamente
che l’invasione dell’Iraq è avvenuta
al di fuori della legalità internazionale.
La Rosa nel Pugno
voleva che fosse aggiunta una
frase per cui si diceva che dopo
l’illegalità internazionale era arrivata
la copertura del’Onu. Ma
questa frase non è stata accettata,
perché non è vera.
Prima parlavi di difficoltà generali.
Te la faccio breve. Un mese fa,
qualcuno, qualche partito, si è
opposto al varo della mozione.
Ora, invece, a lavoro concluso,
sappiamo che fa fare un passo
avanti importante alla discussione.
Perché anche il giudizio
sulle missioni diventa un’altra
cosa, se lo metti “dentro” questi
impegni. Impegni, te le ripeto
per l’ennesima volta, vincolanti
per D’Alema. Il disegno di legge
si può valutare meglio se lo metti
dentro questo disegno, questo
nuovo disegno della politica
estera italiana.
Dunque tu voterai sì in tutta
tranquillità?
Ti rispondo molto sinceramente:
sì. Da deputato di Rifondazione,
da militante del movimento
pacifista. Il compromesso
sull’Afghanistan è così e così,
ma da sei. Sufficiente, insomma.
La mozione, per tanta parte, è
buona, in qualche punto addirittura
avanzatissima. Sì, voterò convinto.
Pubblicato su Liberazione il 15 luglio 2006
Intervista sulle missioni militari.
Posted in articoli pubblicati sulla carta stampata ed altri siti with tags comunismo, cossutta, d'alema, mantovani, missioni militari, onu, pace, pacifismo, parlamento, pdci, prc, prodi, ramon mantovani, rifondazione comunista, sinistra, unione on 15 giugno, 2006 by ramon mantovaniRamon Mantovani, in una intervista a Liberazione, spiega la posizione di Rifondazione e mette dei paletti per D’Alema
e Prodi. Vanno ridiscusse tutte le missioni italiane all’estero, nel governo e coi movimenti, senza decisioni precostituite.
Afghanistan, il Prc avverte Prodi: si decide solo col consenso di tutti.
di Anubi D’Avossa Lussurgiu
Le Commissioni Esteri di
Camera e Senato, riunite,
hanno ascoltato ieri il
ministro Massimo D’Alema. Al
cuore della dibattito che s’è sviluppato
in quella sede parlamentare
è risaltato il tema della
missione più onerosa e più contestata
fra quelle militari italiane
all’estero, dopo l’avvio del ritiro
dall’Iraq: la presenza nel
contingente multinazionale in
Afghanistan. A interloquire per
Rifondazione comunista-Sinistra
europea con D’Alema è stato
il deputato Ramon Mantovani.
E a lui abbiamo chiesto di approfondire
il confronto di posizioni,
diverse, emerso ieri.
Il ministro degli Esteri ha sostenuto,
in sostanza, che l’impegno
militare italiano nella
missione afghana è indispensabile,
e poi che ne vanno comunque
discusse le «difficoltà». Cioè?
D’Alema ha detto, precisamente,
che la missione militare
italiana non è in discussione e
che la comunità internazionale
la ritiene indispensabile. Io ho,
su questo, dichiarato il nostro
disaccordo ed ho sostenuto che
noi non la riteniamo affatto indispensabile;
e ho al contempo espresso
apprezzamento per il
fatto che il ministro ha contestualmente
parlato di «punto di
crisi» della missione militare e
della necessità di rispondere
con la politica alle «ragioni di
difficoltà» prodotte dall’intervento
militare in Afghanistan.
Proprio per questo è necessario
ridiscutere della missione.
Ma è una discussione da
cui, secondo D’Alema, resta
fuori l’impegno alla presenza
militare…
Infatti la mia risposta è stata
ed è che noi reiteriamo la proposta
che la missione si ridiscuta,
nel governo.
Una discussione prioritaria
sull’Afghanistan, o il confronto
generale accettato nel vertice
parlamentare dell’Unione sulla
politica estera e le missioni?
Il dispositivo è quello che
abbiamo già indicato e che è
stato condiviso, appunto, tra i
gruppi parlamentari dell’Unione.
Noi abbiamo chiesto
precisamente una ridiscussione
di tutte le missioni all’estero:
sia quelle rispetto alle quali,
nelle passate legislature, abbiamo
espresso voto contrario,
sia quelle per le quali abbiamo
votato a favore. Tutte.
Che rapporto c’è, concretamente,
fra questa ridiscussione generale e la votazione sul
rifinanziamento delle missioni,
in scadenza il 30 giugno?
Bisogna che il governo, prima
di promulgare i decreti di proroga
delle missioni, discuta al suo
interno su questo punto. Del resto,
come ho ricordato a D’Alema,
la coalizione di governo è
multilaterale: e può quindi funzionare
solo con la ricerca del
consenso. Ciò significa che laddove
ci sono posizioni differenti
bisogna ricercare una mediazione
e un accordo. A meno che non si voglia la
reiterazione,
in sede parlamentare,
delle
differenti posizioni
di partenza.
In altre
parole, non esistono opzioni indiscutibili.
Che sbocco deve avere,questa
discussione?
Abbiamo proposto, nella riunione
dei capigruppo della
maggioranza, che ci sia una
mozione parlamentare: una
mozione che interverrà su tutto
il complesso e su ognuna delle
missioni. Questa proposta è
stata accettata all’unanimità da
tutte le forze dell’Unione.
Però c’è il Pdci che isola la
questione afghana, ne fa un
discrimine e parla della mozione
come di un «pannicello
caldo»…
Nelle riunioni si dichiarano
d’accordo e alla stampa parlano
di pannicello caldo. Comunque
considero sbagliata e minimalista
la posizione espressa dal Pdci,
particolarmente nel dibattito
con D’Alema. Cossutta ha dichiarato
in questa sede «perplessità» sulla missione in Afghanistan e ha poi pronunciato
la seguente frase: «Ma non faremo
mancare il voto di fiducia al
governo». Noi abbiamo chiesto che si discuta
delle missioni militari alla luce del programma di governo e dell’ispirazione multilaterale e multipolare che vi è presente. Noi pensiamo
che l’Unione debba funzionare con il consenso e dunque con accordi condivisi da tutti.
La posizione del Pdci invece è: lasciateci dire che voteremo contro, lasciateci fare la nostra
propaganda, tanto poi voteremo la fiducia. Non esiste posizione più subalterna alle posizioni
più di destra nell’Ulivo.
Tornando a D’Alema: ai giornalisti
ha detto, a margine del
dibattito nelle commissioni,
che l’impegno militare italiano
in Afghanistan «potrà avere un
certo incremento». Ti risulta?
E’ strano che il ministro
D’Alema davanti alle commissioni
riunite non abbia detto
alcuna di queste parole. Voglio
sottolineare che si tratta di
qualcosa cui noi siamo contrari,
drasticamente.
Intanto, il presidente Prodi
ha a sua volta ribadito,da Berlino,
la formula per cui la missione
«non è in discussione».
Commento così: mi meraviglierei
molto che un decreto su
questo argomento, emanato
dal governo, non prevedesse
una discussione collegiale nel
governo stesso.
Ecco: ma che vuol dire «discussione
nel governo»? Investe
o no la coalizione e la maggioranza?
Noi chiediamo una discussione
collegiale articolata in
questi tre ambiti: Consiglio dei
ministri prima delle promulgazione
dei decreti di proroga,
partiti dell’Unione, maggioranza
del Parlamento. E’ nell’intreccio
fra queste tre istanze
che bisogna cercare il consenso.
Per dirla in altri termini,
tutti sanno che noi siamo stati
contrari a diverse missioni militari
e abbiamo chiesto quindi
una ridiscussione su tutte e su
ognuna: questa ridiscussione,
ora, dev’essere fatta con il metodo
della ricerca del consenso.
Dunque non può esistere
una concezione per cui ci sono
decisioni alle quali poi la maggioranza
sia chiamata ad obbedire.
Fuori dall’ambito governativo
e parlamentare,c’è anche
la voce di quella gran parte di
popolazione che ha espresso
posizioni chiare contro le politiche
di guerra. E l’ultimo appello
politico unitario dei soggetti
e delle reti del movimento
per la pace – primi firmatari
Ciotti, Dell’Olio, Strada e Zanotelli
– è stato per il ritiro dall’Iraq
ma anche dall’Afghanistan.
Che rapporto può avere
la discussione invocata dal Prc
con queste istanze?
Per noi quello che dicono
questi soggetti è fondamentale
e importantissimo. Per noi, in
generale, l’Unione deve stabilire
con loro un rapporto coinvolgendo
nelle decisioni tutte
le istanze di movimento e sindacali,
su ogni argomento. Voglio
aggiungere che questi soggetti
devono far sentire la propria
voce direttamente al presidente
del Consiglio come a tutte
e ad ognuna tra le forze politiche
di maggioranza: non delegando
né a Rifondazione comunista
né a nessun altro il
compito di rappresentarli nella
dialettica interna all’Unione.
Pubblicato su Liberazione il 15 giugno 2006